L'importanza di chiamarsi Ernest by Olivier Parker

Oggi recensisco un film che mi sta molto a cuore, L'importanza di chiamarsi Ernest, basato sull'omonimo lavoro teatrale di Oscar Wilde.
I protagonisti sono due amici di vecchia data: Algernon (detto "Algy") Moncrieff (interpretato da Rupert Everett) e John (detto "Jack") Worthing (interpretato da Colin Firth). Algy vive in città, ma quando vuole allontanarsi ed andare in campagna racconta che Bunbury (un immaginario amico invalido dalla salute cagionevole) ha problemi di salute e che quindi deve recarsi appunto in campagna per assisterlo. Invece Jack vive in campagna, ma ha una doppia identità: in città si chiama Ernest, mentre in campagna Jack e quando vuole andare in città dice che suo fratello minore (ovviamente inesistente) di nome "Ernest", che fa passare come uno sbandato, pieno di debiti e che si trova sempre nei guai, ha bisogno di lui. Jack ama Guendalyne Fairfax, cugina di Algy e vorrebbe sposarla, lei lo ricambia, ma vuole sposare a tutti i costi un uomo che si chiami Ernest. Lady Bracknell, madre di Guendalyne e zia di Algy, dà un'occasione a Jack/Ernest, gli fa quindi tante domande ed inzialmente è disposta a considerare l'ipotesi di un fidanzamento, ma cambia opinione quando Jack/Ernest le rivela che è stato ritrovato in una stazione ferroviaria dentro una borsa, quindi non si conoscono le sue origini.
Nel frattempo Angy si presenta nella casa di campagna di Jack, che ha rivelato a Guendalyne davanti a lui il suo indirizzo in modo da poter comunicare con lei, con l'identità di Ernest, appunto suo fratello e si innamora della ragazza di cui è tutore Jack, una diciottenne di nome Cecily, ma anche lei ha sempre sognato di amare un uomo che si chiami Ernest. Tornato nella casa di campagna, Jack è costretto ad accettare la situazione in cui si trova e ad assecondare la messa in scena di Algy, ma Guendalyne gli invia una lettera dove lo informa del suo imminente arrivo, è infatti scappata per raggiungerlo e si è fatta tatuare il nome "Ernest" sulla natica. Di conseguenza la situazione si fa veramente difficile per lui.
Quando Guendalyne giunge, però, si imbatte in Cecily, che poco prima si era fidanzata con Algy/Ernest, in seguito ad una conversazione entrambe le ragazze scoprono la verità sui nomi e sulle identità dei loro amati, che decidono per riconquistarle di farsi ribattezzare. Non appena le ragazze, oramai diventate amiche, vengono a conoscenza di ciò, li perdonano. Ma poi anche Lady Bracknell giunge alla dimora di campagna di Jack, poiché vuole riportare a casa Guendalyne, ma lei insiste che vuole restare e sposare Jack. Anche Algy le comunica l'intenzione di sposarsi, con Cecily e quando la zia apprende che la giovane ha 130mila sterline in totoli di studio, accetta le nozze, è però Jack a negare il suo consenso, almeno fino a quando la donna non gli concederà la mano di Guendalyne. Nonostante un primo rifiuto di Lady Branknell, alla fine non può fare altro se non acconsentire. Poi, infatti, viene svelata la verità: imbattutasi casualmente in Miss Prism (l'istitutrice di Cecily), Lady Branknell le chiede dov'è finito il bambino che aveva portato con sè dalla casa di Algy. Si scopre quindi che quel bambino era stato perso da Miss Prism che in un momento di distrazione aveva messo il suo manoscritto (un libro di 3 volumi) dentro la carrozzina del bambino e quest'ultimo dentro la borsa, lasciandola poi nella stazione Victoria, quella in cui era stato trovato Jack, quindi Algy e Jack sono fratelli. Ma c'è un ultimo mistero da svelare: qual è il nome di Jack? Lady Branckell dice che era lo stesso del marito della madre di Algy, ma che non se ne ricorda. Essendo l'uomo in questione è un generale, controllando fra gli archivi militari si può risalire al nome. Jack controlla e dice che si chiama Ernest, ma Lady Branckell apre il libro e vede che il vero nome di "Ernest" è invece John.
Il film si conclude con il funerale del povero (immaginario) Bunbury, la cui morte ha annunciato Algy alla zia per giustificare la sua presenza nella casa di campagna di Jack.
Questo è uno dei miei film preferiti. Non solo per la storia magnifica, ma per i costumi, per la scenografia e per gli attori. Colin Firth secondo me è nato per il ruolo di un inglese ed in particolare in questo film la sua performance è straordinaria ★★★★★. Anche Rupert Everett è molto bravo ★★★★★. Senza dubbio da citare è Judi Dench nel ruolo di Lady Branckell, davvero azzeccata ★★★★★.
La storia è meravigliosa, Oscar Wilde aveva la capacità di mettere in evidenza con un'ironia ed una retorica straordinarie tutti gli aspetti della società inglese e quest'opera teatrale ne è la prova. La mia scena preferita del film è il colloquio fra Lady Branckell e John/Jack/Ernest, davvero spassosa! Ma molto interessanti sono anche i dialoghi fra Jack ed Algy, specialmente quello iniziale. Ma c'è una pecca: Olivier Parker mi aveva già dimostrato prima di questo film (o meglio prima che io vedessi questo film, visto che l'altra trasposizione cinematografica da un'opera di Wilde che sto per citare è più recente rispetto a L'importanza di chiamarsi Ernest) di non saper rendere bene le opere di Wilde, mi riferisco alla sua versione del Ritratto di Dorian Gray. "Liberamente ispirato", d'accordo, ma per me, totalmente distrutto. A parte questo, niente a che vedere con quest'altro film che nel complesso rispetta le intenzioni di Wilde, tuttavia non capisco la necessità di inserire l'esagerazione del tatuaggio con il nome Ernest all'interno della storia. Fra le qualità di Wilde vi è anche la capacità di esagerare, senza esagerare, nel senso che le sue esagerazioni sono utili alla storia o divertenti o originali o rese benissimo, non banali, stupide e superflue come invece mi permetterei di descrivere questa qui. Inoltre, nella commedia nessuno mai dice che il vero padre di Jack/Ernest si chiama JOHN. La commedia si conclude semplicemente con "Capisco l'importanza di chiamarsi Ernest", nessuna apertura di libro e nessun personaggio che scopra che in realtà il protagonista non si chiama così. Altrimenti, la bellissima frase "E' terribile scoprire all'improvviso di non aver detto altro che la verità tutta la vita" risulta in parte infondata. Ernest ha un fratello, ma è anche vero che si chiama Ernest. Paradossalmente, ritengo che il regista non abbia effettivamente capito l'importanza di chiamarsi Ernest, ironia della sorte!
A parte queste "pecche", comunque, ritengo che il film sia veramente buono: gli attori sono bravissimi, la musica anche, le scenografie e costumi azzeccati (non per niente ha vinto il premio d'argento 2003 per i costumi) con una storia interessante e divertente grazie al buon vecchio Oscar, un film piacevole e ben fatto. ★★★★★

L'importanza di chiamarsi Ernest by Olivier Parker, reviewed by Silvia Argento ©

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