La sirena di Giuseppe Tomasi Di Lampedusa

Ho pensato che sarebbe stato bello aggiornare un po' la sezione libri con una bella recensione su un racconto breve che ho letto verso Novembre, avevo già preparato una recensione per la scuola, che ho un po' modificato per adattarla allo stile del blog.
La sirena” di Tomasi Di Lampedusa fu composto dall’autore durante i suoi ultimi mesi di vita, quando già sapeva di essere gravemente malato. Fin dalle prime pagine, il racconto colpisce per il registro linguistico disinvolto e vivace, che raggiunge l’apice dell’eleganza in certi passi ed in altri invece è caratterizzato anche da termini dialettali torinesi che, insieme con le eccezionali descrizioni e dialoghi, contribuiscono a trasportare ancora di più il lettore all’interno della realtà in cui si svolge la vicenda. Le storie raccontate, in effetti, sono due: una d’amore e l’altra d’amicizia. A narrare è il protagonista, Paolo Corbéra, un avvocato di origini siciliane, che dopo due delusioni amorose finisce per recarsi ogni sera al solito bar di Via Po dove incontra sempre un vecchio senatore di 75 anni, Rosario La Ciura. Amando moltissimo la cultura greca, il personaggio del senatore mi ha davvero affascinato ed anche il legame fra lui e Corbéra. Dopo un po’ di tempo, infatti, fra i due si stabilisce una grande amicizia, il cui percorso, nonostante la brevità del racconto, è così graduale ed affascinante da suscitare in me sensazioni molto intense malgrado la semplicità di ciò che viene narrato. Interessante il contrasto tra una città quale Torino e un’isola come la Sicilia, che, seppur lontana da entrambi i protagonisti, è riuscita ad unirli essendo l’unico punto in comune fra i due. Si passa, quindi, ad un’altra storia, la principale in effetti: dopo aver stabilito un rapporto di confidenza con il suo amico, La Ciura si sente quasi in dovere di narrargli una vicenda che gli è successa molto tempo prima del 1938 (hanno in cui si svolge la prima storia): nel 1887. È questo, senza dubbio, il punto più intenso di tutto il racconto. Il narratore cambia, è il senatore adesso a raccontare la storia. Lo sfondo è yna Sicilia paragonabile a quella omerica di Scilla e Cariddi, di Polifemo, delle sirene stesse, di cui Odisseo sentì il canto. Dopo la descrizione di una apparentemente banale quotidianità con un tono di rimpianto per la sua gioventù, il nuovo narratore inizia con una sorta di climax la prima visione, perché è vedere ciò che fa il lettore per tutto il tempo, della sirena:
Ma essa, con stupefacente vigoria emerse diritta dall’acqua sino alla cintola, mi cinse il collo con le braccia, mi avvolse in un profumo mai sentito, si lasciò scivolare nella barca: sotto l’inguine, sotto i gluitei il suo corpo era quello di un pesce, rivestito di minutissime squame madreperlacee e azzurre, e terminava in una coda buforcuta che batteva lenta il fondo della barca.
Era una Sirena.
Mi è piaciuta molto la descrizione del canto, che mi ha davvero rimandato all’Odissea anche più di prima. Poi, entrando nel vivo del suo racconto, La Ciura descrive ciò che la sirena gli aveva fatto provare (“Lei m’instillava già nella bocca quella voluttà che sta ai vostri baci terresti come il vino all’acqua liscia”), finché non arriva al momento dell’addio, che è solo momentaneo: il giorno seguente a quello in cui aveva raccontato la sua storia, il senatore deve partire, ma in seguito Corbéra apprende la notizia che è caduto in mare, tuttavia il corpo non viene trovato. La Ciura ha lasciato in eredità al suo amico un cratere greco con le figure delle Sirene e una grande fotografia della Coré dell’Acropoli. Nonostante la casa di Corbéra sia stata poi saccheggiata, è rimasto un frammento molto grosso del cratere: si vedono i piedi di Ulisse legato all’albero della nave. Quest’ultima immagine che l’autore ci ha voluto offrire è forse la mia preferita.
Il racconto è nel complesso intenso, suggestivo, affascinante, anche se devo ammettere che in alcuni punti è stato un po' noioso, perché a lungo andare il linguaggio di Tomasi di Lampedusa (che come autore non apprezzo molto, anzi, solo questo racconto mi è davvero piaciuto fra la sua produzione) secondo me risulta pesante, pur essendo questo racconto molto breve. Alla fine, però, inevitabilmente, come il canto delle sirene attira i naviganti, anche le immagini che ci vengono offerte in questo racconto finiscono per attirare il lettore. E' una lettura complessa per il linguaggio ed anche molto suggestiva, a tratti un po' noiosa, ma che compensa appunto con questa grande capacità di rendere la figura della Sirena, senza dubbio ispirata alle Sirene di Omero, considerato anche che lo stesso racconto si chiude proprio con un'immagine di Odisseo. ★★★★☆ [3.5/5]
A me solo ordinava d’udire quel canto; ma voi con legami
strettissimi dovete legarmi, perché io resti fermo,
in piedi sulla scarpa dell’albero: a questo le corde m’attacchino.
E se vi pregassi, se v’ordinassi di sciogliermi,
voi con nodi più numerosi stringetemi!
Odissea, libro XII

La sirena di Giuseppe Tomasi Di Lampedusa, reviewed by Silvia Argento ©

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